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Seminario di Studio “Le Nuove Tecnologie di Comunicazione e la missione Apostolica delle FSP"
Il tema delle "nuove tecnologie" è molto ampio e complesso. Devo perciò operare una scelta sulle tematiche da affrontare.
Dati gli interessi del gruppo al quale mi rivolgo mi sembra utile svolgere alcune riflessioni sulle seguenti tematiche: a. lo specifico delle nuove tecnologie, il carattere della fase di innovazione tecnologica che viviamo, la possibilità di governarla; b. la condizione femminile in questa fase; c. il problema più generale delle "scelte" rispetto alle trasformazioni innescate dalla diffusione delle tecnologie, e non solo dalle nuove.
LE NUOVE TECNOLOGIE
1. Lo specifico
Occorre, prima di illustrare lo specifico delle nuove tecnologie, precisare che cosa indichiamo con esse. E' evidente infatti che è legittima la tendenza a connotare con l'aggettivo nuovo ogni cambiamento tecnologico: nei materiali, nelle fonti di energia, nei prodotti e nei processi di produzione.
E tuttavia una prima distinzione, almeno convenzionalmente, va fatta in rapporto al grado di novità e dunque ai fini della individuazione di quel punto di rottura di cui stiamo parlando.
Ebbene, con nuove tecnologie qui indicheremo le tecnologie che si collocano nel contesto dell'automazione, intesa come sostituzione dell'attività dell'uomo, ovunque si svolga, dal settore della produzione di beni e di servizi a quelli amministrativi e gestionali. Si tratta dunque delle tecnologie dell'automatica e dell'informatica e, per gli sviluppi sempre più rilevanti che stanno avendo, della loro interconnessione con quelle delle telecomunicazioni.
Questa delimitazione è motivata dal fatto che tali nuove tecnologie prolungano e potenziano l'attività cognitiva dell'uomo, la sua capacità di servirsi di rappresentazioni simboliche della realtà e di operare su tali rappresentazioni.
E' nel trasferimento in organismi artificiali di attività cognitive dell'uomo e nell'allargamento della sfera di queste attività che risiede lo specifico delle nuove tecnologie.
Con esse si producono macchine che sono in grado non solo di registrare (come peraltro avviene con la scrittura) rappresentazioni simboliche di oggetti e/o processi, ma anche di compiere operazioni su di esse.
Ora è evidente che le nuove macchine affiancandosi all'uomo a livello delle attività cognitive modificano e influenzano i processi di produzione, memorizzazione e trasmissione del sapere. Determinano in particolare lo sviluppo di nuovi linguaggi per la comunicazione uomo - macchina e di nuovi metodi di formalizzazione. Siamo di fronte ad una innovazione sul piano culturale paragonabile almeno a quella della scrittura e forse più densa di potenziali mutamenti.
Ora accanto a questi mutamenti culturali, la pervasività delle nuove tecnologie e la loro diffusione nei più diversi settori sta determinando anche alcuni mutamenti della scienza meno percepiti ed avvertiti, ma che tuttavia mi sembrano da segnalare.
Si sono sviluppate di fatto metodologie unificanti. Si è andato diffondendo l'uso di modelli matematici ben oltre il campo della fisica, che ne era il terreno naturale e prevalente di impiego. Sul piano culturale ciò comporta il prevalere dell'interesse alla descrizione del comportamento funzionale dei fenomeni piuttosto che ad una loro interpretazione in termini di analogia con fenomeni noti. E vi è una attenzione al punto di vista rispetto al quale un fenomeno viene analizzato e dunque ai limiti di ogni modello, che è sempre una rappresentazione parziale del fenomeno considerato. Nella descrizione di un fenomeno viene isolato l'aspetto che interessa rispetto ad un prescelto punto di vista e si prende in esame la sua evoluzione. Questo approccio è poi spesso legato ad un ulteriore mutamento; non si guarda più ad un fenomeno solo per osservarne o predirne l'evoluzione, ma anche per decidere come intervenire perché la sua evoluzione assuma l'andamento desiderato. Non si studiano ad esempio i fenomeni economici soltanto per prevederne l'evoluzione ma anche per decidere le politiche di intervento.
L'innovazione sul piano tecnologico è evidente quando si pensi al fatto che la rivoluzione industriale è nata sostanzialmente da macchine che prolungano e potenziano l'attività muscolare dell'uomo. Come queste hanno modificato il modo di produrre e di lavorare insieme con esso l'intero assetto sociale ed economico, così le nuove macchine sembrano destinate a produrre mutamenti ugualmente o forse ancora più imponenti. E ciò perché questa volta esse vanno a modificare non solo i modi di "produzione materiale" ma anche quelli della "produzione immateriale". E' tutta la sfera dell'attività dell'uomo che viene interessata e modificata.
Riassumendo dunque si può dire che, tenuto conto dello specifico delle nuove tecnologie, si produce una innovazione profonda sul piano culturale, significativa sul piano scientifico, imponente sul piano tecnologico. Complessivamente si può dire che una nuova epoca si apre.
2. I caratteri
Caratteri riconoscibili e riconosciuti della fase di cambiamento innescata dalle nuove tecnologie sono la forte pervasività e la grande velocità.
Non ci troviamo infatti solo di fronte ad una innovazione di prodotto ma anche di processo e questo fatto comporta una diffusione dell'innovazione all'interno di tutti i settori produttivi. Con la modifica di questi, e dunque sia del modo di operare dei vari organismi del sistema produttivo, sia della quantità e della qualità del lavoro richiesto nella nuova situazione, vengono indotte direttamente e/o indirettamente modifiche in tutte le attività umane (anche quelle del tempo libero). E le modifiche spesso sono accompagnate dalla penetrazione concreta delle nuove tecnologie.
La velocità della diffusione e del cambiamento è molto grande se confrontata con quella delle innovazioni introdotte dalla rivoluzione industriale, che tuttavia ha a sua volta prodotto cambiamenti a ritmo molto più elevato che in tutte le epoche che l'hanno preceduta. Un'accelerazione sembra caratterizzare le fasi di cambiamento che si succedono nella storia della società dopo la rivoluzione scientifica e industriale.
Se si riflette alla estensione ed alla rapidità delle innovazioni di cui stiamo parlando e si opera un confronto tra quelle analoghe (ad esempio tra elaborazione automatica e scrittura) ed ai tempi di evoluzione e di sviluppo relativi, si può comprendere quanto giustificato possa essere l'uso, da questo punto di vista, del termine "rivoluzione" per indicare mutamenti significativi non solo sul piano qualitativo ma anche su quello quantitativo, nello spazio (diffusione dei settori interessati) e nel tempo (velocità di evoluzione).
3. La governabilità
L'esperienza storica dimostra che è molto bassa la governabilità di una innovazione tecnologica. Nella fase iniziale è difficile prevedere e stimare effetti più generali. Nella fase in cui lo sviluppo si è verificato è difficile vincere gli interessi che si sono coagulati intorno ad esso ed influire nell'ulteriore sviluppo. Un maggior grado di governabilità sembra sussistere durante l'evoluzione, ma per sfruttarlo occorrono una buona conoscenza dei caratteri della innovazione e dei suoi possibili effetti, un accordo sugli obiettivi da perseguire ed una adeguata scelta degli interventi. Questa analisi appare confermata per il cambiamento in atto dal fatto che la fase iniziale si è già verificata e solo ora incominciano a diventare chiari i più generali effetti socio-economici. In alcuni settori la penetrazione è già così consistente che grandi interessi si sono generati intorno alle nuove tecnologie e certo attualmente il grado di governabilità non è elevato.
In ogni caso sono destinate al fallimento politiche di intervento che non tengano conto dei caratteri dell' innovazione.
Dalla pervasività emerge con evidenza la necessità di una globalità degli interventi sui diversi settori, da quello industriale a quello della formazione e della ricerca, da quello dell'amministrazione a quello delle infrastrutture di servizio, ecc. Agire su un solo settore è destinato a generare squilibri o instabilità e dunque una perdita di governabilità.
Dalla grande velocità del cambiamento scaturisce ovviamente l'esigenza di tempestività nelle decisioni. Ogni ritardo nelle azioni di intervento è accompagnato da una perdita di governabilità. Il processo di cambiamento si evolve nel contesto dei vincoli esistenti ed il problema delle scelte si ripropone in una situazione nuova. Lo spostamento tra politica di intervento ed evoluzione del processo può produrre patetici effetti di inseguimento o addirittura effetti perversi rispetto agli obiettivi.
CONSIDERAZIONI SU: CONDIZIONE FEMMINILE E NUOVE TECNOLOGIE
Che cosa si può dire della condizione femminile dal punto di vista delle nuove tecnologie? Influiranno o no su questa condizione, e come?
Intanto è evidente che se influiranno su tutto l'assetto sociale e a livello della cultura, esse influiranno anche sulla condizione femminile. In che modo? A questa domanda è difficile rispondere perché la trasformazione è così rapida e così profonda, che è difficile disegnare scenari per il futuro. Ammettendo come è nell’auspicio di tutti che gli scenari si realizzino in un quadro di pace, è difficile fare valutazioni quantitative. E infatti le valutazioni a lungo termine sono quasi tutte qualitative; è chiaro però che a breve termine, in questa o in quell’area, qualche considerazione si può fare.
A me pare che un punto di partenza utile per valutare le conseguenze delle nuove tecnologie sulla condizione femminile sia costituito dall'analisi dei cambiamenti che la precedente rivoluzione industriale ha indotto su di essa.
Ripercorrendone rapidamente le tappe, si possono fare alcune riflessioni: il lavoro femminile con la prima rivoluzione industriale è cambiato in modo profondo, soprattutto con lo spostamento in massa dalla famiglia alla fabbrica o all'ufficio. Questo è il fatto qualitativamente importante. Un cambiamento molto importante si ebbe con la nascita dell'industria tessile; la filatura che, tradizionalmente, era sempre stata fatta a casa dalla donna, si spostò nella fabbrica. Alcuni giudicano questo cambiamento secondario in quanto la donna avrebbe continuato a fare quello che faceva, cambiando solo il luogo in cui lo faceva. Tra l'altro ci sono cose curiose perché la divisione tra lavoro femminile e lavoro maschile, nella fabbrica tessile era fortissimo: si diceva che il lavoro di filatura era adatto alle donne perché potevano avvalersi delle dita piccole e delicate, più adatte ad unire più facilmente i fili, indole passiva e paziente, adatta al lavoro ripetitivo.
In altri termini variava il luogo ma sembrava valere sempre il detto, che poi è stato ripetuto in tantissime altre occasioni: Adamo esplorava, Eva filava.
Un secondo cambiamento nella condizione femminile è nato con la macchina da scrivere e con il telefono, alla cui diffusione si sono accompagnate le figure della dattilografa e della telefonista.
Alle donne si apriva l'attività negli uffici, ma ancora una volta in ruoli subalterni: esse avevano dita agili ed abili, veloci, attitudine cortese e paziente per svolgere i lavori di dattilografia o telefonia.
La terza tappa è stata quella delle donne infermiere e insegnanti.
Dunque tre tappe: il lavoro nell'industria tessile; il lavoro come dattilografa e telefonista, il lavoro di infermiera e insegnante. Però la donna, in queste tre fasi, era uscita dalla casa: era andata nella fabbrica, nell'ufficio, nella scuola, nell'ospedale. E' questo che ha determinato un cambiamento profondo su cui si sono innestate le lotte per i diritti politici e civili, la lotta per la parità.
Questo è il passato; le nuove tecnologie che cosa faranno? Confermeranno questo processo di parificazione crescente, lo consolideranno o lo arresteranno o lo faranno regredire?
Mi limiterò ad alcuni spunti. Ci sono preoccupazioni e ci sono speranze. Le preoccupazioni mi pare siano sostanzialmente due: le trasformazioni tecnologiche, specialmente nelle aree deboli e nel breve termine, producono fenomeni gravi e pesanti di disoccupazione. Questi sono destinati a colpire i più deboli e quindi le donne. Per esempio si prevede che tra dieci anni il lavoro di dattilografa non sarà più necessario e dunque l'espulsione di una forza lavoro in breve tempo. L'altro è più sottile; il non risolto rapporto tra lavoro - domestico e lavoro - esterno (perché il lavoro domestico continua a gravare sulla donna, anche se è andata in fabbrica o in ufficio) ed il fatto che le tecnologie stanno determinando tendenze al decentramento produttivo attraverso il telelavoro, potrebbero portare ad un ritorno a casa della donna, concentrando nella casa il lavoro, diciamo, di tipo produttivo, il lavoro invisibile non pagato e quello invece retribuito. Questa è una prospettiva che molti temono.
Le speranze: anzitutto l'accesso di massa all'istruzione che ha portato ad un processo di parificazione profondo. Ripeto spesso che in Italia non si guarda con adeguata attenzione al fatto che quasi la metà dei laureati è donna.
Questo, secondo me, è un elemento decisivo che consolida il cambiamento attuale ed è destinato a farlo sviluppare.
L'altro elemento è che il lavoro pesante, il lavoro che comporta sforzo fisico, è ormai assegnato alle macchine e dunque anche differenze tradizionali nel lavoro femminile e maschile sono destinate a scomparire. Questo, credo, sia un altro elemento positivo nella direzione della parità. Per me, che sono un ottimista, questi elementi forti dell'istruzione di massa e della eliminazione del lavoro fisico e materiale agiranno nella direzione della parità. Uomini e donne, a me sembra, sono insieme rispetto al futuro, protagonisti, attori nel processo di costruzione e non semplici spettatori.
RIFLESSIONI SUL PROBLEMA DELLE "SCELTE"
Vorrei, a quanto detto, aggiungere qualche riflessione che nasce dalla lettura del libro di Arnold Pacey su "The culture of Technology", tradotto in italiano in questi mesi ed attualmente in corso di stampa.
L'obiettivo del libro è condensato in questo giudizio: "Nelle società avanzate del mondo, con le loro economie di mercato, le istituzioni aperte e la democrazia politica, un tema dominante, il tema del progresso, viene trattato in senso unidirezionale, nel senso di uno sviluppo lineare, dell'implicita e spesso esplicita fede nelle possibilità illimitate di espansione quantitativa. Il nuovo tema che potrebbe prendere il suo posto... non è la negazione della crescita... ma quello che mi sembra un passo avanti, cioè uno sviluppo qualitativo piuttosto che quantitativo".
In rapporto a questo obiettivo è bene non limitarsi ad identificare la tecnologia con i suoi aspetti tecnici (macchine, attività di produzione, ecc.) e non accettare la separazione tra produzione ed uso. Appare utile perciò, ispirandosi alla differenza tra "scienza medica" (aspetti strettamente scientifici e tecnici) e "pratica medica" (attività terapeutica nel suo insieme, acquisizioni tecniche, organizzazione, aspetti culturali con scale di valori e codice etico della professione), introdurre il concetto di "pratica tecnologica " come "l'applicazione di conoscenze scientifiche e di altre conoscenze ai fini pratici mediante sistemi articolati coinvolgenti persone e organizzazioni, cose viventi e macchine". E' uno sforzo per collegare produzione e utilizzazione, tenere insieme aspetti tecnici, organizzativi e culturali.
La scienza medica può raggiungere punte elevate con i trapianti e la pratica medica invece essere deludente per carenze o dell'organizzazione dell'assistenza o della qualità dei rapporti umani tra medico e ammalato. E cosi può avvenire per la tecnologia.
E' dunque di grande rilevanza analizzare il contesto culturale in cui l'innovazione tecnologica si sviluppa; il libro di A. Pacey dà un contributo a questa analisi considerando l'atteggiamento degli "esperti", le visioni che prevalgono intorno al tema delle "risorse", i valori che alimentano l'innovazione, la sua diffusione, il suo uso.
La cultura degli esperti è, secondo l'autore, dominata da due fattori, lo specialismo e la dedizione al proprio settore. Il primo può portare, per la concentrazione su tecniche e metodologie specifiche a sottovalutare ed ignorare aspetti rilevanti di una corretta visione globale. E così può avvenire che dighe imponenti riforniscano tubature gocciolanti. L'altro fattore alimenta le spinte per l'adozione di soluzioni funzionali - prevalentemente se non solo - allo sviluppo del proprio settore. Non poche volte, poi, ciò corrisponde alla produzione di macchine o strumenti, con una visione unidirezionale che ignora la "sfera dei fruitori" e quindi ostacola una visione integrata della pratica tecnologica. Un caso emblematico (e rispetto ai fruitori, limite!) è quello degli esperti che operano nel settore della produzione di armi, nucleari comprese. Naturalmente, e l'autore lo sottolinea con chiarezza, "sarebbe sciocco sostenere che l'influenza di scienziati e tecnici sia causa unica di una serie di eventi molto complessa. Almeno una mezza dozzina di altri fattori . . . " .
Le visioni intorno alle risorse (alimenti, energie, minerali) sono condizionate in modo decisivo, sostiene l'autore, dalle concezioni sul rapporto con la natura, da quelle che si pongono come obiettivo "il vivere in armonia con la natura" a quelle che vedono come ruolo dell'uomo il "dominare la natura". E ciò anche se sono importanti l'analisi scientifica delle risorse e la riflessione sui convincimenti e sulle immagini correnti intorno ai problemi degli alimenti (fame nel Terzo Mondo ed aiuti), dell'energia e dei minerali (nucleare o solare, inquinamento, ecc.). Qui l'autore, anche se condanna il cinismo di chi vorrebbe non far nulla, scrive pagine molto dure sulla politica della "cucina mondiale di zuppa per il Terzo Mondo" alimentata da gruppi di interesse per smaltire surplus di cibi, di fertilizzanti e di macchine. E dà risalto alle preoccupazioni degli ambientalisti sui problemi dell'energia e dei materiali.
L'analisi sui "valori" che ispirano gli esperti è sviluppata nel libro in modo brillante. Alla base dello sviluppo dell' innovazione tecnologica più creativa vi sono, insieme ed oltre ai fattori politici ed economici, impulsi e spinte che si possono indicare come "imperativo tecnologico". Secondo Samuel Florman, "al cuore delle attività tecniche risiede la gioia esistenziale", per molti tecnologi il lavoro è una risposta ad una sfida e l'esito positivo una gioia. E' il "virtuosismo tecnologico" di J. K. Galbraith.
E così si può trovare un "impulso estetico" alla base della ideazione e della realizzazione di prodotti della tecnologia, dalla scelta dei materiali e delle forme alla qualità delle prestazioni.
Vi è poi "l'impulso a conquistare nuove frontiere": la locomotiva, l’auto, l'aereo e, oggi, la ricerca spaziale.
Pagine interessanti vengono dedicate alla riflessione sull' "archetipo delle cattedrali" come elemento di riferimento per le realizzazioni tecnologiche, viste indipendentemente dall' utilità o dai vantaggi economici: dai razzi agli acceleratori di particelle, alla navicella Apollo. Vengono sviluppate molte osservazioni, da quelle sulle origini culturali e ideologiche di tali atteggiamenti a quelle sugli obiettivipolitici che li ispirano o li sostengono. Emerge dal quadro, ricco e variegato, l'immagine conturbante di un non chiaro confine tra impulso a creare e senso di responsabilità rispetto ai bisogni umani.
Il discorso può essere allargato al campo dell'etica rispetto all'esigenza di un equilibrio tra "il virtuosismo" ed "i bisogni". E' un terreno su cui l'autore, come peraltro chiarisce, sente, da un lato, il pericolo di sostituire il pensiero razionale con un confuso misticismo e, dall' altro, la suggestione di culture che hanno una maggiore sensibilità rispetto ai processi naturali. Emblematica mi pare la seguente citazione: "I buddisti camminano leggeri sulla terra; gli occidentali sono convinti di dover lasciare la loro impronta”.
Da queste analisi emerge un quadro caratterizzato dalle diversità di visioni su questioni di fondo, quali la disponibilità e l'uso delle risorse, e dalla dialettica di posizioni tra virtuosismo tecnologico e pressione dei bisogni. Cosicché, in effetti, si potrebbe parlare, piuttosto che della cultura della tecnologia, di diversi atteggiamenti culturali a seconda che predomini un indirizzo o l'altro. Nelle aree di maggiore sviluppo sembrano prevalere i valori della conquista di nuove frontiere, la fede nella crescita quantitativa e nel determinismo tecnologico. Spinte non secondarie in questo contesto sono esercitate dai tecnologi, dalla loro unidimensionalità specialistica e settoriale, dagli impulsi dell'imperativo tecnologico che li ispira e li condiziona.
Un altro tipo di atteggiamento è però presente, basato sulla convinzione che deve essere stabilito un diverso rapporto con la natura e con le sue risorse, sulla sensibilità ai bisogni diretti e sull'esigenza di soddisfarli, sui valori della qualità dello sviluppo e del progresso. Come Bacone indicava, i frutti della conoscenza devono essere adoperati "non per il profitto o la gloria o il potere, ma per il buon uso della vita".
Risposte del prof. Ruberti alle domande poste dalle partecipanti
Qual è il ruolo della donna nella cultura tecnologica?
Se si analizza la divisione tradizionale del lavoro tra uomo e donna, quella che si è verificata storicamente e quella che permane nel Sud del mondo, si può osservare che è stato o viene di norma assegnato agli uomini il ruolo di invenzione e produzione di utensili e apparecchiature: in altri termini si attribuisce loro una prevalente presenza nella sfera degli esperti. Alle donne invece, sono stati o vengono assegnati molto spesso lavori che hanno a che fare con l'uso finale delle apparecchiature e con le necessità elementari. L'impegno della donna nelle attività domestiche la tiene vicina ai bisogni molto più dell'uomo. Ciò è vero per il passato, lo è spesso anche oggi.
Quasi tutti i lavori tradizionali della donna si possono inquadrare nella gestione dei processi di crescita e di deperimento: la cura dei bambini e la loro crescita, la coltivazione delle piante, la stessa cottura del pane e la mungitura del latte sono collegati alla crescita. Il riassetto della casa, l'assistenza ai vecchi sono legati al processo di conservazione.
Se si analizza quindi il rapporto dell'uomo e della donna con i bisogni elementari, si trova maggiore contatto, una maggiore vicinanza della donna ai bisogni: mentre si trova nell'attività dell'uomo una distanza dall'uso, dall'applicazione della tecnologia.
Questo fatto potrebbe portare a un contributo delle donne a far crescere una sensibilità ai problemi della tecnologia dal lato del fruitore. Non essendo stata nell'esperienza storica direttamente implicata nella ideazione e costruzione delle macchine, degli impianti, degli interventi, stando invece vicina ai bisogni, la donna può portare a un migliore equilibrio tra produzione e fruizione, far maturare una concezione più equilibrata della tecnologia.
Ci si può chiedere però: ciò induce dunque a mantenere la divisione del lavoro tra uomo e donna e dunque a consolidare situazioni di fatto ritenute da molti, correttamente ingiuste? Non è così. Ciò che voglio dire è che il bagaglio storico di valori e di esperienze induce la donna, anche quando si realizza il superamento della divisione dei compiti e dei ruoli e dunque la parità, a farsi portatrice della tecnologia dei bisogni dei fruitori.
(Intervento relativo al telelavoro... e conseguente possibilità di lavorare in casa insieme marito e moglie).
Il telelavoro tende potenzialmente a riportare in casa l'uomo e la donna, e quindi a far coesistere lavoro domestico e lavoro esterno. Si tratterà di vedere quale scenario si realizza in concreto, se quello in cui a ritornare sono ambedue o se quello in cui ritorna prevalentemente la donna. Come sempre, nella tecnologia vi sono potenzialità ambigue. Questo è un aspetto. Vi è però un altro aspetto, che si presenta pure per l'insegnamento a distanza: l'isolamento. Non mi pare una conquista. La presenza collettiva nei luoghi di lavoro della gente accresce la possibilità di rapporti interpersonali ed anche la potenzialità di gestire collettivamente bisogni ed aspirazioni. Lo scenario di una società decentrata, in cui ciascuno sia separato dagli altri, non è positivo. L'essere insieme produce un arricchimento.
Siamo di fronte a problemi di cui si discute troppo poco; non c'è una cultura della tecnologia. Troppo spesso le scelte vengono dettate prevalentemente dai vantaggi di puro carattere economico-finanziario.
Es.: Scelta del telelavoro per i vantaggi nel controllo del lavoro.
Quale è il posto delle nuove tecnologie nel processo educativo? Quale visione dell'uomo ne deriva? E qual è la situazione attuale nella città di Roma?
Per quanto concerne le tecnologie educative, ed i processi educativi in generale, è noto che il nostro Paese è stato dominato da una cultura che non ha mai dato grande spazio al problema dei metodi di trasmissione del sapere. Si è sempre pensato che chi conosce sa anche trasmettere. Il possesso del sapere è inteso come garanzia di una buona trasmissione, per cui - salvo eccezioni - non vi è stata grande attenzione nel campo universitario per la formazione degli insegnanti e non è mai stato tenuto in primo piano il problema dei modi di trasmissione del sapere.
Oggi il problema a me sembra diventato più impellente. Perché? L'avvento delle nuove tecnologie, dei nuovi modi di trasmissione del sapere (che non sono più quelli della lettura, ma anche quelli del colloquio con il calcolatore, con il video-disco, di un'interazione cioè uomo-macchina) pone in modo più urgente che nel passato il problema dei metodi di trasmissione del sapere.
C’è addirittura il rischio di una subalternità culturale se non ci si impegna in questa direzione: c'è il rischio non solo di trasmettere altri saperi, ma addirittura di importare il modo di trasmetterli. Es.: se io devo insegnare informatica, mi servo degli apporti che le varie scuole portano a questa disciplina sia nel nostro che negli altri Paesi, e spesso, in verità, più dell'apporto degli altri che del nostro. Se oltre a trasmettere un contenuto in gran parte importato, adotto anche i metodi di trasmissione, software didattico che mi viene predisposto fuori, perdo non solo autonomia nel contenuto del sapere, ma anche nella trasmissione. Ogni Paese, per mantenere la sua autonomia, la sua identità deve intervenire sia nel processo di produzione sia nel processo di trasmissione. Questa è una prima riflessione.
Una seconda mi pare necessaria: i giovani sono immersi – prima di entrare nel sistema educativo - in un universo in cui l'informazione viene prevalentemente trasmessa attraverso immagini e suoni, piuttosto che attraverso la lettura. Entrano poi in un sistema educativo che sostanzialmente ignora i metodi di trasmissione propri delle nuove tecnologie. La scuola è in effetti in ritardo non solo in Italia.
La terza e ultima riflessione: si delinea un cambiamento più profondo. Le nuove tecnologie non solo offrono modi di trasmissioni diversi da quello dello scritto, attraverso immagini e suoni, ma prevedono l'interattività nell'uso delle informazioni. Lo studente può colloquiare con la base informativa. Al rapporto docente-studente si affianca e si aggiunge il rapporto macchine-studente. Lo spazio del processo di formazione si allarga e diventa sempre più complesso. Ad esempio: imparare a leggere, a scrivere e a far di conto, le tre funzioni essenziali di ogni addestramento iniziale, oggi si può fare con macchine; così imparare una lingua o un linguaggio di programmazione. Sono in corso ricerche sui cosiddetti "sistemi esperti", per l'insegnamento, calcolatori in cui si realizzano processi di accumulazione della conoscenza e della sua trasmissione.
Il sistema "esperto" è un potenziale concorrente dell'insegnante, perché immagazzina i dati, li trasmette, interagisce con lo studente.
Che cosa facciamo all'Università di Roma "La Sapienza"?
Abbiamo costituito un Centro per le tecnologie educative. Questo centro ha una biblioteca specializzata nel campo delle tecnologie educative, una mediateca, sale per videocassette e per videodischi, una sala attrezzata per l'uso delle tecnologie. Il docente può organizzare lezioni impostate sull'utilizzazione delle diverse tecnologie e registrarle.
Vi sono sale di "personal computer" in cui si può utilizzare il software di una biblioteca di programmi didattici.
Il Centro è un laboratorio sperimentale per favorire lo sviluppo di una maggiore sensibilità nei docenti all'uso delle tecnologie.
Siamo inoltre entrati a far parte di un Consorzio con altre Università, con industrie e con Enti locali per un'Università a distanza, che esiste già da quasi 15 anni, con un numero di studenti che va - in quelle dei paesi Europei - da 70.000 a 90.000.
Nel mese di marzo '86 è iniziato un esperimento di insegnamento a distanza dell'informatica per un diploma di primo livello.
SINTESI DEI LAVORI DEI GRUPPI DI STUDIO SULLA RELAZIONE DEL PROF. RUBERTI
I tre gruppi di studio sono stati invitati a riflettere sulle stesse domande relative ai punti trattati dal relatore.
Innanzitutto si è avvertita l'esigenza di una informazione-formazione capillare a tutte le FSP sulle nuove tecnologie. Informazione-formazione indispensabile per favorire il cambio di mentalità che ci è richiesto dalla stessa nostra vocazione-missione: essere operatrici di comunicazione sociale nella Chiesa e nel mondo d’oggi.
Tra i "modi" suggeriti uno ci è parso particolarmente interessante e atto a inaugurare un nuovo modo di informazione-formazione più adatto alla società in continua trasformazione: la realizzazione di una video-cassetta sulle nuove tecnologie e la loro capacità di veicolare valori evangelici.
Una seconda riflessione ha avuto come oggetto il lavoro femminile e la sua collocazione in un punto di equilibrio tra sviluppo e bisogni, tra produttori e fruitori.
Dopo un breve scambio di idee e di opinioni sul ruolo della donna nella società tecnologica, abbiamo asserito che: se è vero che la donna può far crescere la "qualità della vita", ciò è possibile e realizzabile nella misura in cui essa occupa con competenza e creatività ruoli direttivi nell' ambito delle nuove tecnologie.
Conferma questa affermazione l'analisi di come alcune donne che occupano posti direttivi o strategici nella società vivono il loro ruolo e favoriscono una migliore qualità di vita (es.: Nilde Iotti, Ida Magli, Tina Anselmi, Corazon Aquino...) .
Molto importante ci è parso il tema suggerito dalla domanda circa l'importanza di valutare le innovazioni tecnologiche anche in rapporto al loro uso rispetto ai bisogni.
Purtroppo, nessuno dei tre gruppi di studio ha avuto il tempo necessario per riflettere e approfondire l'argomento. Ci si promette di farlo in seguito.
Autore: Antonio Ruberti
21/04/1986 - Tipologia: Articolo - Argomento: Ricerca e Innovazione Tecnologica
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