Che cos’è l’Industria 4.0 e perché è importante saperla affrontare
L’industria 4.0 è da alcuni anni al centro della trasformazione economica in Italia e nel mondo. Nel nostro Paese è stato varato più di quattro anni fa un piano governativo ad hoc che ha poi subito evoluzioni e revisioni: da Piano Industria 4.0 a Piano Impresa 4.0 fino a il piano nazionale della Transizione 4.0. Durante la pandemia da Covid19 l’Industry 4.0 e le tecnologie ad essa collegate si sono rivelate fondamentali per contrastare la crisi. A febbraio 2021 il presidente del Consiglio Mario Draghi ha espresso la necessità di “estendere e rendere facilmente fruibile il piano nazionale della Transizione 4.0 per accompagnare le imprese nel processo di innovazione tecnologica e di sostenibilità ambientale”. Ma cos’è esattamente l’Industria 4.0?
È un processo che scaturisce dalla quarta rivoluzione industriale e che sta portando alla produzione industriale del tutto automatizzata e interconnessa. Le nuove tecnologie digitali avranno un impatto profondo nell’ambito di quattro direttrici di sviluppo: la prima riguarda l’utilizzo dei dati, la potenza di calcolo e la connettività, e si declina in big data, open data, Internet of Things, machine-to-machine e cloud computing per la centralizzazione delle informazioni e la loro conservazione. La seconda è quella degli analytics: una volta raccolti i dati, bisogna ricavarne valore. Oggi solo l’1% dei dati raccolti viene utilizzato dalle imprese, che potrebbero invece ottenere vantaggi a partire dal “machine learning”, dalle macchine cioè che perfezionano la loro resa “imparando” dai dati via via raccolti e analizzati. La terza direttrice di sviluppo è l’interazione tra uomo e macchina, che coinvolge le interfacce “touch”, sempre più diffuse, e la realtà aumentata. Infine c’è tutto il settore che si occupa del passaggio dal digitale al “reale” e che comprende la manifattura additiva, la stampa 3D, la robotica, le comunicazioni, le interazioni machine-to-machine e le nuove tecnologie per immagazzinare e utilizzare l’energia in modo mirato, razionalizzando i costi e ottimizzando le prestazioni.
COME NASCE IL TERMINE INDUSTRIA 4.0
L’espressione Industrie 4.0 è stata usata per la prima volta alla Fiera di Hannover nel 2011 in Germania. A ottobre 2012 un gruppo di lavoro dedicato all’Industria 4.0, presieduto da Siegfried Dais della multinazionale di ingegneria ed elettronica Robert Bosch GmbH e da Henning Kagermann della Acatech (Accademia tedesca delle Scienze e dell’Ingegneria) presentò al governo federale tedesco una serie di raccomandazioni per la sua implementazione. L’8 aprile 2013, all’annuale Fiera di Hannover, fu diffuso il report finale del gruppo di lavoro.
COME E QUANDO NASCE LA QUARTA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE
Finora le rivoluzioni industriali del mondo occidentale sono state tre: nel 1784 con la nascita della macchina a vapore e di conseguenza con lo sfruttamento della potenza di acqua e vapore per meccanizzare la produzione; nel 1870 con il via alla produzione di massa attraverso l’uso sempre più diffuso dell’elettricità, l’avvento del motore a scoppio e l’aumento dell’utilizzo del petrolio come nuova fonte energetica; nel 1970 con la nascita dell’informatica, dalla quale è scaturita l’era digitale destinata ad incrementare i livelli di automazione avvalendosi di sistemi elettronici e dell’IT (Information Technology). La data d’inizio della quarta rivoluzione industriale non è ancora stabilita, probabilmente perché è tuttora in corso e solo a posteriori sarà possibile indicarne l’atto fondante.
L’argomento è stato al centro del World Economic Forum 2016, dal 20 al 24 gennaio a Davos (Svizzera), intitolato appunto “Mastering the Fourth Industrial Revolution”. Ma anche nelle successive edizioni del WEF l’Industria 4.0 ha inevitabilmente continuato ad affacciarsi al dibattito.
Gli effetti della quarta rivoluzione industriale sul mercato del lavoro
Esperti e osservatori stanno cercando di capire come cambierà il lavoro, quali nuove professionalità saranno necessarie e quali invece presto potrebbero scomparire. Dalla ricerca “The Future of the Jobs“, presentata al World Economic Forum 2016, è emerso che, nei prossimi anni, fattori tecnologici e demografici influenzeranno profondamente l’evoluzione del mercato del lavoro. Alcuni (come la tecnologia del cloud e la flessibilizzazione del lavoro) stanno influenzando le dinamiche già adesso e lo faranno ancora di più nei prossimi 2-3 anni. L’effetto sarà la creazione di 2 nuovi milioni di posti di lavoro, ma contemporaneamente ne spariranno 7, con un saldo netto negativo di oltre 5 milioni di posti di lavoro. L’Italia ne esce con un pareggio (200mila posti creati e altrettanti persi), meglio di altri Paesi come Francia e Germania. A livello di gruppi professionali le perdite si concentreranno nelle aree amministrative e della produzione: rispettivamente 4,8 e 1,6 milioni di posti distrutti. Secondo la ricerca compenseranno parzialmente queste perdite l’area finanziaria, il management, l’informatica e l’ingegneria.
Cambiano di conseguenza le competenze e abilità ricercate: nel 2020 il problem solving rimarrà la soft skill più ricercata, ma diventeranno più importanti il pensiero critico e la creatività. Proprio perché lo scenario è in rapida evoluzione, dobbiamo attrezzarci per cogliere i benefici dello Smart Manufacturing, l’innovazione digitale nei processi dell’industria: lo dice Alessandro Perego, Direttore Scientifico degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano, secondo il quale “nel breve termine si possono prevedere saldi occupazionali negativi, nel medio-lungo termine non è assolutamente certa una contrazione degli occupati in numero assoluto, considerato anche l’impatto nell’indotto, in particolar modo nel terziario avanzato. Il nostro Paese però deve sapere cogliere a pieno i benefici della quarta rivoluzione industriale, attuando iniziative sistemiche per lo sviluppo dello Smart manufacturing e fornendo ai lavoratori le competenze digitali per le mansioni del futuro”.
Industria 4.0 e organizzazione: non c’è più la “forza lavoro”, ora il lavoro è “intelligente”
Nelle soluzioni di lean evoluta, sostiene Luciano Pero, docente di Organization Theory and Design al MIP-Politecnico di Milano, il lavoro continua ad essere centrale, come nelle forme precedenti. Tuttavia esso perde le caratteristiche di pura manualità e di “forza lavoro” da controllare con supervisione diretta come per gli “uomini-bue” di cui si occupava F. Taylor. Il lavoro acquista invece sempre di più le caratteristiche di lavoro intelligente, cioè di lavoro che mescola interventi manuali con forti capacità tecniche di analisi e diagnosi e in certi casi anche di ragionamento scientifico, con applicazione di conoscenze complesse.
Competenze digitali per l’Industria 4.0
Le imprese stanno incontrando crescenti difficoltà per individuare, sia a livello di diplomati sia di laureati, le competenze necessarie per l’Industria 4.0. La scuola superiore e anche l’università non risultano ancora in grado di formare in modo adeguato le persone per garantire loro un inserimento efficace e rapido nel mondo del lavoro. Servono competenze digitali, ovvero quel vasto insieme di abilità tecnologiche che consentono di individuare, valutare, utilizzare, condividere e creare contenuti grazie alle tecnologie informatiche e a Internet.
Il Piano Industria 4.0 varato dal governo Renzi aveva previsto incentivi per la formazione del personale delle imprese verso l’utilizzo dei macchinari oggetto del Piano. A inizio maggio 2018 erano state approvate le note attuative per gli incentivi fiscali a copertura parziale dei costi del personale in fase di formazione. Il governo Conte ha poi rinnovato il credito d’imposta per la formazione 4.0 e ha introdotto il voucher per l’Innovation manager.
Ma, prima di approdare in fabbrica o sul posto di lavoro, come si preparano i giovani all’Industria 4.0? In realtà non vengono preparati a sufficienza. Occorre perciò che la scuola faccia la sua parte. Per lo sviluppo delle competenze digitali potrebbero svolgere un ruolo chiave gli istituti tecnici e i licei che dovrebbero sviluppare orientamenti verso l’ottenimento di competenze certificate. Queste potrebbero consentire una effettiva employability dei giovani aprendo le porte al Lavoro 4.0.
COME L’INDUSTRIA 4.0 CAMBIA LE FABBRICHE
La Fabbrica 4.0, figlia della quarta rivoluzione industriale, è composta di macchine completamente interconnesse tra loro, che dialogano le une con le altre ed effettuano autodiagnostica e manutenzione preventiva. In particolare, secondo un rapporto elaborato da GE Digital con la società di ricerca indipendente Vanson Bourne, la manutenzione dei macchinari da parte dei macchinari stessi, grazie all’IoT, supererà per qualità, capacità e velocità quella degli esseri umani entro il 2020. I progressi dell’evoluzione tecnologica porteranno cioè le fabbriche a prevedere in autonomia il grado di fallimento produttivo, ad adottare le migliori misure di prevenzione e a mettere in campo azioni di auto-riparazione. Inoltre, come è spiegato in Industria 4.0. Uomini e macchine nella fabbrica digitale, nella Fabbrica 4.0 la flessibilità dagli impianti sarà tale da consentire di personalizzare i prodotti in funzione del singolo cliente. I robot lavoreranno a contatto con l’uomo e dall’uomo apprenderanno in modo naturale. Il flusso di lavoro potrà essere riprodotto in modo virtuale, dunque prima di approntarlo fisicamente in officina, per verificarne il comportamento in astratto e potenziarne le performance. La fabbrica saprà approvvigionarsi di energia senza sprechi e al minor costo possibile, in una parola sarà smart.
COME CAMBIA IL MODELLO DI ORGANIZZAZIONE CON L’INDUSTRIA 4.0
Industria 4.0 non significa solo introdurre nuovi macchinari in azienda ma anche e soprattutto cambiare modello di organizzazione: lo sostiene, tra gli altri, Luciano Pero, docente di Organization Theory and Design al MIP-Politecnico di Milano, che ha esposto le sue tesi in un capitolo dedicato all’innovazione del libro di Alessandro Scaglione “R-Innovare il Family Business. L’intelligenza naturale dell’imprenditore come differenziale competitivo” (Guerini Next). La tesi che emerge da molte ricerche e dai dati Istat è la difficoltà (culturale) di due imprese su tre nell’adottare una architettura produttiva adeguata alla prospettiva dell’economia globalizzata. Al netto di oggettive cause Paese (come la scarsità di investimenti pubblici, la lentezza della giustizia, o la fiscalità) e di incertezze caratteristiche (come quelle legate agli alti insuccessi dei passaggi generazionali o del difficile accesso al credito), la causa che gioca un ruolo formidabile sono alcuni stereotipi organizzativi. Per esempio si pensa che l’organizzazione nelle Fabbriche 4.0 debba essere chiusa e gerarchica, e i manager sono ossessionati dal taglio dei costi. Invece, secondo il docente, occorre puntare alla “via alta” dell’innovazione.
Industria 4.0: FCA, Pirelli e Luxottica esempi di “via alta” all’innovazione
La “via alta” all’innovazione, scrive Luciano Pero, non solo non è una mitologia, ma trova ampio e concreto riscontro nelle imprese più dinamiche e innovative, che hanno usato le difficoltà, generate dalle grandi crisi, per imboccare con decisione la strada di una lean evoluta, adattandola alle proprie strategie di business e cavalcandone gli acceleratori digitali. Ne sono testimonianza i più recenti sistemi aziendali come il World Class Manufacturing (WCM) del gruppo FCA, il Pirelli Production System o il Lean Luxottica System, la cui comune ricetta – applicabile indipendentemente dalla dimensione di impresa – è semplice, ma richiede grande forza di volontà. Soprattutto quella di aprirsi e di aprire l’impresa alla partecipazione di tutti gli stakeholders interni ed esterni, a cominciare dai propri dipendenti.
A Milano nel 2020 nasce Made, Competence Center per connettere pmi e tecnologie 4.0
A dicembre 2020, in piena pandemia, è stato inaugurato a Milano MADE, il Competence Center per Industria 4.0 lombardo con sede in via Durando 10, alla Bovisa. Costituitosi grazie alla visione comune di 48 partner – 43 imprese private, 4 università, 1 ente pubblico e con il supporto del Ministero per lo Sviluppo Economico – e a un investimento di 22 milioni di euro, MADE farà della propria sede una vera e propria Fabbrica Digitale e Sostenibile. Sarà una piattaforma di risorse per far entrare le PMI italiane a contatto con le tecnologie 4.0, aiutarle e sostenerle lungo il percorso della transazione tecnologica. Il presidente è il professor Marco Taisch.
Lo spazio è suddiviso in 20 dimostratori, ciascuno dedicato a una particolare tecnologia 4.0: dalla robotica collaborativa ai big data, dalla manutenzione da remoto al gemello digitale, dall’efficienza energetica alla cyber-security industriale, dalla lean 4.0 alla manifattura additiva, dall’intelligenza artificiale all’IoT e la rete 5G. I dimostratori a loro volta sono accorpati in specifiche aree di competenza, tutte integrate e interconnesse tra loro a formare una fabbrica ideale, digitale e sostenibile.
A luglio 2012 Made ha annunciato di aver selezionato 22 progetti di innovazione, ricerca industriale e sviluppo sperimentale ammessi al finanziamento nella prima finestra del bando 2021, per un contributo pari a 900 mila euro rispetto agli 1,2 milioni di euro della quota iniziale. Il 20 luglio apre così la nuova fase competitiva del bando, pari a 300 mila euro a sostegno della realizzazione di progetti di Industria 4.0 da parte delle piccole e medie imprese manifatturiere italiane che potranno candidarsi fino al 21 settembre 2021 ( qui tutte le informazioni).
Una mappatura dei progetti ammessi
Il 64% delle candidature ammesse è stato presentato da Pmi provenienti principalmente dal nord e centro Italia: Lombardia (45%), Veneto (14%), Toscana (9%) e Trentino-Alto Adige (9%). Tra le attività più richieste: la progettazione, l’ingegnerizzazione e lo sviluppo prodotto con sistemi di realtà aumentata e virtuale (11%) – anche tramite l’utilizzo della “virtual room” presente in Made- la pianificazione e il controllo in tempo reale della produzione (15%), l’intelligenza artificiale e big data analytics (15%) – a conferma del trend tecnologico che vede un interesse in crescita – i sistemi digitali di supporto all’operatore (10%), e gli strumenti digitali a supporto di politiche di manutenzione 4.0 (8%).
CHE COSA HA FATTO L’ITALIA PER LO SVILUPPO DELL’INDUSTRIA 4.0: I PIANI DEI GOVERNI
Dopo una serie di reiterati annunci, il 21 settembre 2016 l’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi e l’allora ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda hanno presentato l’atteso piano del governo per l’Industria 4.0 contenuto all’interno della legge di Bilancio 2017, approvata definitivamente dal Senato il 7 dicembre 2016. Il piano nasceva con l’obiettivo di mobilitare nel 2017 investimenti privati aggiuntivi per 10 miliardi, 11,3 miliardi di spesa privata in ricerca, sviluppo e innovazione con focus sulle tecnologie dell’Industria 4.0, più 2,6 miliardi di euro per gli investimenti privati early stage. Il provvedimento proponeva un mix di incentivi fiscali, sostegno al venture capital, diffusione della banda ultralarga, formazione dalle scuole all’università con lo scopo ultimo di favorire e incentivare le imprese ad adeguarsi e aderire pienamente alla quarta rivoluzione industriale. (A questo link il rapporto del Ministero dello Sviluppo economico sul Piano Nazionale Industria 4.0)
IL PIANO INDUSTRIA 4.0 del 2016: LE LINEE GUIDA
Il Piano nazionale Industria 4.0 ha rappresentato l’occasione per le aziende di cogliere le opportunità legate alla quarta rivoluzione industriale.
Al momento del suo debutto, il Piano aveva previsto le seguenti misure (poi in parte modificate dai successivi governi):
1. Iper e Super Ammortamento – L’obiettivo di questo provvedimento è supportare e incentivare le imprese che investono in beni strumentali nuovi, in beni materiali e immateriali (software e sistemi IT) funzionali alla trasformazione tecnologica e digitale dei processi produttivi. L’iperammortamento consiste nella supervalutazione del 250% degli investimenti in beni materiali nuovi, dispositivi e tecnologie abilitanti la trasformazione in chiave 4.0 acquistati o in leasing. Il superammortamento prevede la supervalutazione del 140% degli investimenti in beni strumentali nuovi acquistati o in leasing. Per chi beneficia dell’iperammortamento c’è la possibilità di usufruire dell’agevolazione anche per gli investimenti in beni strumentali immateriali (software e sistemi IT).
2. Nuova Sabatini – Punta a sostenere le imprese che richiedono finanziamenti bancari per investimenti in nuovi beni strumentali, macchinari, impianti, attrezzature di fabbrica a uso produttivo e tecnologie digitali (hardware e software). Garantisce un contributo a parziale copertura degli interessi pagati dall’impresa su finanziamenti bancari di importo compreso tra 20.000 e 2.000.000 di euro, concessi da istituti bancari convenzionati con il MISE, che attingono sia a un apposito plafond di Cassa Depositi e Prestiti, sia alla provvista ordinaria. Il contributo è calcolato sulla base di un piano di ammortamento convenzionale di 5 anni con un tasso d’interesse del 2,75% annuo ed è maggiorato del 30% per investimenti in tecnologie Industria 4.0. Inoltre la Nuova Sabatini consente l’accesso prioritario al Fondo centrale di Garanzia nella misura massima dell’80%.
3. Credito d’imposta R&S – Lo scopo è stimolare la spesa privata in Ricerca e Sviluppo per innovare processi e prodotti e garantire così la competitività futura delle imprese. Consiste in un credito d’imposta del 50% su spese incrementali in Ricerca e Sviluppo, riconosciuto fino a un massimo annuale di 20 milioni di €/anno per beneficiario e computato su una base fissa data dalla media delle spese in Ricerca e Sviluppo negli anni 2012-2014. La misura è applicabile per le spese in Ricerca e Sviluppo che saranno sostenute nel periodo 2017-2020.
4. Patent Box – È un regime opzionale di tassazione agevolata sui redditi derivanti dall’utilizzo di beni immateriali: brevetti industriali, marchi registrati, disegni e modelli industriali, know how e software protetto da copyright. L’agevolazione consiste nella riduzione delle aliquote IRES e IRAP del 50% dal 2017 in poi sui redditi d’impresa connessi all’uso diretto o indiretto (ovvero in licenza d’uso) di beni immateriali sia nei confronti di controparti terze che di controparti correlate (società infragruppo). Il beneficio è dato a condizione che il contribuente conduca attività di R&S connesse allo sviluppo e al mantenimento dei beni immateriali.
5. Startup e PMI innovative – Le nuove imprese (startup) innovative godono di un quadro di riferimento a loro dedicato in materie come la semplificazione amministrativa, il mercato del lavoro, le agevolazioni fiscali, il diritto fallimentare. Larga parte di queste misure sono estese anche alle PMI innovative, cioè a tutte le piccole e medie imprese che operano nel campo dell’innovazione tecnologica, a prescindere dalla data di costituzione o dall’oggetto sociale.
6. Fondo di Garanzia – L’obiettivo di questa disposizione è sostenere le imprese e i professionisti che hanno difficoltà ad accedere al credito. Consiste nella concessione di una garanzia pubblica, fino a un massimo dell’80% del finanziamento, per operazioni sia a breve sia a medio-lungo termine, sia per far fronte a esigenze di liquidità che per realizzare investimenti. Il Fondo garantisce a ciascuna impresa o professionista un importo massimo di 2,5 milioni di euro, un plafond che può essere utilizzato attraverso una o più operazioni, fino a concorrenza del tetto stabilito, senza
un limite al numero di operazioni effettuabili. Il limite si riferisce all’importo garantito. Invece per il finanziamento nel suo complesso non è previsto un tetto massimo.
DIGITAL HUB E COMPETENCE CENTER: IL LORO RUOLO
Il Piano Calenda ha previsto due nuove entità: i Digital Innovation Hub, centri da costituirsi sul territorio, “appoggiandosi” a Confindustria e a R.ETE. Imprese Italia, per aiutare le pmi italiane nella trasformazione verso l’Industria 4.0; e i Competence Center, realtà che fanno riferimento ad alcune università italiane con l’obiettivo di intensificare le relazioni tra ricerca e industria. Bilancio positivo per i Digital Innovation Hub: 24 centri (uno per Regione), 250 incontri e 25mila imprese coinvolte, per lo più pmi.
COMPETENCE CENTER: A CHE PUNTO SIAMO
Con il piano Industria 4.0 è stato avviato il percorso per la creazione dei Competence Center, gli otto centri di eccellenza per l’Industria 4.0. A febbraio 2019, a Torino, si è svolta la prima tappa del roadshow nazionale per fare una sintesi della strada perseguita e portare le prime testimonianze delle imprese che, con il loro supporto, hanno investito nelle fabbriche connesse. Gli otto Competence Center sparsi per l’Italia – Torino, Milano, Bologna, Genova, Padova, Pisa, Roma e Napoli – hanno coinvolto nei partenariati circa 400 imprese e oltre 50 università.
I centri di competenza hanno il compito di svolgere attività di orientamento e formazione alle imprese, nonché di supporto nell’attuazione di progetti di innovazione, ricerca industriale e sviluppo sperimentale finalizzati alla realizzazione di nuovi prodotti, processi o servizi (o al loro miglioramento) tramite tecnologie avanzate in ambito Industria 4.0.
Ecco quali sono oggi in Italia i Competence Center e la loro graduatoria (dati febbraio 2019)
Politecnico di Torino – Manufacturing 4.0 Politecnico di Milano – Made in Italy 4.0 Alma Mater Studiorum Università di Bologna – BI-REX Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa – ARTES 4.0 Università degli Studi di Padova – SMACT Università degli Studi di Napoli “Federico II” – Industry 4.0 Consiglio Nazionale delle Ricerche – START 4.0 Università degli Studi di Roma “La Sapienza” – Cyber 4.0
Come si vede, il capofila di “Manufacturing 4.0” è il Politecnico di Torino, che ha partner industriali come FCA, General Motor, GE Avio, Thales Alenia. Il focus è su aerospazio, automotive e additive manufacturing. “Made in Italy 4.0” è guidato dal Politecnico di Milano e focalizzato sulle tecnologie per la fabbrica 4.0. “BI-Rex”, guidato dall’Università di Bologna, è sostenuto anche dagli atenei di Modena, Reggio Emilia, Parma e Ferrara. “Artes 4.0” fa capo alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa che riunisce la Scuola Normale Superiore, Università di Pisa, Università di Firenze, Università di Siena e altri atenei. “Smact” è capeggiato dall’Università di Padova ma sostenuto da una rete di atenei del territorio (Verona, Venezia, Iuav, Trento, Bolzano, Udine, Trieste e altri): il focus è su agroalimentare, abbigliamento, arredamento e automazione. “Industry 4.0” è un centro guidato dall’Università “Federico II” di Napoli e sostenuto da otto fra atenei campani e pugliesi, e dalle Regioni Campania e Puglia. “Start 4.0” è capitanato dal Consiglio Nazionale delle Ricerche, insieme a ABB. Leonardo, Ansaldo e altri. Il centro “Cyber 4.0”, guidato dall’Università “La Sapienza” di Roma, ha per focus la cybersecurity.
MADE, il Competence Center guidato dal Politecnico di Milano, è attivo da settembre 2019, e ha ottenuto 10 milioni e 590mila euro di finanziamento dal MISE. È stato il primo dei centri ad essere oggetto del decreto di concessione del finanziamento ministeriale, insieme a Genova CNR. Il centro sorge nell’area del Campus Bovisa-Durando del Politecnico, su una superficie di oltre 2000 mq e conta alcune decine di partner tecnologici. Gli utenti dei centri di competenza hanno a disposizione il meglio delle tecnologie digitali per l’industria 4.0 per fare formazione e training e per avviare progetti di trasferimento tecnologico.
QUI UN VIAGGIO ALL’INTERNO DI MADE – Competence Center Industria 4.0
IL BILANCIO DEL PIANO INDUSTRIA 4.0 E L’ESTENSIONE A IMPRESA 4.0 nel 2017
Dopo un anno dal varo del Piano il ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda ha tracciato un primo bilancio dei risultati, così riassunti:
– sono cresciuti gli ordinativi sul mercato interno dei beni strumentali, con tassi di crescita che hanno raggiunto nel primo semestre l’11,6 per cento
– è cresciuto il numero di imprese che aumenteranno la spesa in Ricerca&Sviluppo
– sono stati stanziati 3,5 miliardi di investimenti pubblici sulla banda ultralarga, destinandoli dunque sia alle infrastrutture sia alla soddisfazione della domanda di famiglie e imprese, così da raggiungere gli obiettivi di copertura al 2020
– nei primi 8 mesi del 2017 è cresciuto del 10,7 per cento l’importo garantito dal Fondo di Garanzia.
Il piano Industria 4.0 “ha rappresentato uno shock positivo per la manifattura italiana” ha scritto a novembre 2018 Giovanni Miragliotta, co-direttore dell’Osservatorio Industria 4.0 del Politecnico di Milano. “Le aziende – prosegue – sono tornate ad investire in modo cospicuo dopo anni di quasi immobilità (+9% nel 2017) e a far crescere il valore aggiunto manifatturiero (+2,1% nel biennio 2016-17). Le aziende dell’offerta, anche grazie al Piano, hanno visto incrementi del loro mercato dell’ordine del 30%. L’Italia della manifattura digitale ha vissuto, a partire dal settembre 2016, un momento di grande euforia, al punto che intitolammo la Ricerca 2016-2017 del nostro Osservatorio “la grande occasione””.
IL PASSAGGIO DA INDUSTRIA 4.0 A IMPRESA 4.0
Il 21 settembre 2017 il ministro Calenda ha presentato la fase due del Piano nazionale. Il programma ha cambiato nome: non più solo Industria 4.0, ma Impresa 4.0. Il segno che l’allora governo Gentiloni aveva l’intenzione di guardare anche ai servizi, un settore con elevato potenziale di digitalizzazione. In questo video il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, l’8 febbraio 2018 a Torino, dopo aver delineato un bilancio del piano Industria 4.0, spiega come funzionerà Impresa 4.0.
IL GOVERNO CONTE E IL PIANO IMPRESA 4.0 nel 2018
Per il piano Industria 4.0 in Italia il 2018 è stato l’anno del passaggio all’Impresa 4.0 e del suo ridimensionamento o rimodulamento: il governo Conte, entrato in carica il primo giugno 2018 a seguito delle elezioni politiche del marzo precedente, ha voluto porre l’accento su questa evoluzione e ha introdotto alcune modifiche nel testo del DEF, il documento di economia e finanza.
Il governo giallo-verde composto da Movimento 5 Stelle e Lega ha attuato un cambio di paradigma mirato a favorire le piccole e medie imprese invece delle grandi aziende, principali oggetto degli incentivi col precedente governo.
Il super ammortamento (deduzione extracontabile del 40% per gli investimenti in beni strumentali nuovi, impianti e macchinari effettuati da tutti i titolari di reddito d’impresa, lavoratori autonomi compresi) non è stato prorogato.
(deduzione extracontabile del 40% per gli investimenti in beni strumentali nuovi, impianti e macchinari effettuati da tutti i titolari di reddito d’impresa, lavoratori autonomi compresi) A parziale compensazione dell’abolizione del super ammortamento compare la mini IRES per le imprese che investono in nuovi impianti o in beni strumentali e per quelle che assumono personale. L’aliquota scende dal 24% al 15% sugli utili accantonati a riserve diverse da quelle di utili non disponibili e destinati a nuovi impianti.
per le imprese che investono in nuovi impianti o in beni strumentali e per quelle che assumono personale. L’aliquota scende dal 24% al 15% sugli utili accantonati a riserve diverse da quelle di utili non disponibili e destinati a nuovi impianti. l’ iper ammortamento è stato proporogato e rimodulato nell’ottica di incentivare le pmi: la disposizione ripropone la misura, seppur con alcune modifiche, delle agevolazioni riguardanti gli investimenti in beni materiali strumentali nuovi e immateriali funzionali alla trasformazione tecnologica e/o digitale in chiave Industria 4.0. Viene introdotta una modulazione delle agevolazioni in misura decrescente, che va favorire le pmi. Viene previsto che la maggiorazione del costo si applichi: nella misura del 170 % per investimenti fino a 2,5 milioni di euro; nella misura del 100 % per investimenti compresi tra 2,5 e 10 milioni di euro; nella misura del 50% per investimenti compresi tra 10 e 20 milioni di euro (quindi, di fatto, viene posto anche un limite massimo agli investimenti agevolabili, non essendo prevista alcuna maggiorazione per gli investimenti eccedenti i 20 milioni).
è stato nell’ottica di incentivare le pmi: la disposizione ripropone la misura, seppur con alcune modifiche, delle agevolazioni riguardanti gli investimenti in beni materiali strumentali nuovi e immateriali funzionali alla trasformazione tecnologica e/o digitale in chiave Industria 4.0. Viene introdotta una in misura decrescente, che va favorire le pmi. Viene previsto che la maggiorazione del costo si applichi: nella misura del 170 % per investimenti fino a 2,5 milioni di euro; nella misura del 100 % per investimenti compresi tra 2,5 e 10 milioni di euro; nella misura del 50% per investimenti compresi tra 10 e 20 milioni di euro (quindi, di fatto, viene posto anche un limite massimo agli investimenti agevolabili, non essendo prevista alcuna maggiorazione per gli investimenti eccedenti i 20 milioni). Il credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo viene ridotto . Si riduce, a partire dal 2019, l’aliquota di agevolazione dal 50% al 25%, prevedendo che, per alcune tipologie di spese, tale aliquota sia maggiorata al 50%. Inoltre, a partire dal 2019, viene ridotto anche il beneficio massimo concedibile per singola impresa da 20 a 10 milioni di euro.
per attività di . Si riduce, a partire dal 2019, l’aliquota di agevolazione dal 50% al 25%, prevedendo che, per alcune tipologie di spese, tale aliquota sia maggiorata al 50%. Inoltre, a partire dal 2019, viene ridotto anche il beneficio massimo concedibile per singola impresa da 20 a 10 milioni di euro. Il bonus ricerca e sviluppo viene ridimensionato : la Legge di Bilancio 2019 riduce l’aliquota di agevolazione dal 50% al 25% per alcune tipologie di spese e il beneficio massimo concedibile per singola impresa da 20 a 10 milioni di euro.
viene : la Legge di Bilancio 2019 riduce l’aliquota di agevolazione dal 50% al 25% per alcune tipologie di spese e il beneficio massimo concedibile per singola impresa da 20 a 10 milioni di euro. La nuova Sabatini viene rifinanziata.
Viene rinnovato il credito d’imposta per la formazione 4.0 , che esclude i liberi professionisti e ha soglie e aliquote differenziate in relazione alla dimensione dell’impresa beneficiaria. Per le piccole imprese, il credito d’imposta viene attribuito nella misura del 50% delle spese ammissibili, fermo restando il limite massimo annuale di 300.000 euro. Per le medie imprese, il credito d’imposta spetta in misura pari al 40% delle spese ammissibili e nel limite massimo annuale di 300.000 euro. Per le grandi imprese, il credito d’imposta è attribuito nel limite massimo annuale di 200.000 euro e nella misura del 30%.
, che esclude i liberi professionisti e ha soglie e aliquote differenziate in relazione alla dimensione dell’impresa beneficiaria. Per le piccole imprese, il credito d’imposta viene attribuito nella misura del 50% delle spese ammissibili, fermo restando il limite massimo annuale di 300.000 euro. Per le medie imprese, il credito d’imposta spetta in misura pari al 40% delle spese ammissibili e nel limite massimo annuale di 300.000 euro. Per le grandi imprese, il credito d’imposta è attribuito nel limite massimo annuale di 200.000 euro e nella misura del 30%. Infine la Legge di Bilancio ha introdotto un contributo a fondo perduto per agevolare l’inserimento nelle pmi dell’Innovation manager.
Voucher Innovation Manager: il contributo per la consulenza
Nell’ambito del Piano Nazionale “Impresa 4.0” – “figlio” del Piano Industria 4.0 varato dall’allora governo Renzi (e poi confermato dal governo Gentiloni e leggermente ridimensionato da quello giallo-verde) – la Legge di Bilancio 2019 ha previsto la creazione di un contributo a fondo perduto, nella forma di voucher. Obiettivo: sostenere i processi di trasformazione tecnologica e digitale delle PMI e delle reti di impresa di tutto il territorio nazionale attraverso l’introduzione in azienda di figure manageriali in grado di implementare le tecnologie abilitanti prevista dal Piano Impresa 4.0 e di ammodernare gli assetti gestionali e organizzativi dell’impresa, compreso l’accesso ai mercati finanziari e dei capitali. La misura è stata portata avanti attraverso il Decreto del Ministro dello Sviluppo Economico del 7 maggio 2019 e il Decreto direttoriale del 29 luglio 2019. La misura introduce un contributo a fondo perduto sotto forma di voucher per l’acquisizione di competenze professionali di supporto alle imprese che intendono investire in innovazione e tecnologie digitali. L’agevolazione è corrisposta alle piccole e medie imprese, ma anche alle reti di imprese che hanno assunto risorse manageriali per favorire processi di digitalizzazione e riorganizzazione aziendale. L’ammontare del voucher è un massimo di 40.000 euro su base annua, e comunque non superiore al 50% dei costi sostenuti a decorrere dal periodo d’imposta 2019, incrementata a 80.000 euro per le reti di impresa.
VOUCHER INNOVATION MANAGER, QUI PUOI LEGGERE LA VERSIONE INTEGRALE DEL DECRETO
trasformazione digitale, è stata resa possibile la presentazione delle domande nell’elenco istituito presso il Ministero dello sviluppo economico (Mise) a partire dalle ore 10.00 del 27 settembre 2019 ed entro le ore 17.00 del 25 ottobre 2019. La procedura è esclusivamente informatica sul sito del Ministero. Per quanto riguarda i manager qualificati e le società di consulenza che vogliono aiutare le imprese ad affrontare la, è stata resa possibile la presentazione delle domande nell’elenco istituito presso il(Mise) a partire dalle. La procedura è esclusivamente informatica sul sito del Ministero.
voucher per l’Innovation Manager, l’avvio della compilazione della domanda è stato stabilito dal 7 novembre 2019. Dal 3 dicembre 2019 è stato reso possibile inviare la domanda. Per quanto riguarda le imprese e le reti di imprese che intendono richiedere ill’avvio della compilazione della domanda è stato stabilito dal. Dal
L’indagine EY del 2019: in Italia solo il 14% delle aziende è davvero 4.0 Le aziende italiane sono ancora indietro nel pieno accoglimento dell’Industria 4.0, anche se una buona parta sta avviando i processi o sta facendo progressi in questo campo. L’indagine “EY Digital Manufacturing Maturity Index 2019”, presentata a luglio 2019, mostra come in Italia solo una minima parte delle aziende prese in esame – in tutto il 14% – abbia raggiunto uno stato più avanzato di sviluppo digitale caratterizzato da progettualità 4.0 evolute. Per progettualità evolute si intendono sistemi informativi in grado di scambiare informazioni verticalmente dalle macchine all’ERP (o cloud) e con un buon livello di integrazione delle informazioni lungo tutto il processo produttivo, comprese le altre funzioni aziendali. Il 49% delle aziende, invece, sta mettendo le basi per una gestione digitale dei processi, mentre circa un terzo (37%) si trova in una fase iniziale e sperimentale di trasformazione digitale e ha implementato soltanto dei progetti pilota di integrazione verticale all’interno dell’azienda. All’interno del campione, solo una minima parte delle aziende (5%) possiede un sistema strutturato e automatizzato di integrazione dei dati con fornitori e/o clienti. Risulta marcato il divario tra piccole e grandi aziende, in particolare su alcuni temi specifici come l’utilizzo di tecnologie innovative. Infatti, la maggior parte delle grandi aziende (il 70%) ha un piano di sviluppo definito e ha introdotto all’interno dell’azienda tecnologie innovative e di industria 4.0, sfruttando anche i benefici fiscali previsti in tema di innovazione e rispetto dell’ecosistema. Le piccole e medie realtà, invece, hanno incontrato ostacoli lungo il percorso di adozione di tecnologie digitali e di accesso agli incentivi e si mostrano deboli in tema di cultura aziendale, governance del cambiamento e strategia dello sviluppo. Inoltre ancora un numero ristretto di realtà manifatturiere ha realizzato operazioni societarie afferenti al mondo dell’industria 4.0.
2019, MERCATO IN CRESCITA DEL 22% Nonostante le stime non confortanti di EY, il mercato dell’Industria 4.0 in Italia nell’era pre-coronavirus, ovvero nel 2019, ha raggiunto un valore di 3,9 miliardi di euro, in crescita del 22% rispetto all’anno precedente. Come rileva l’Osservatorio Industria 4.0 della School of Management del Politecnico di Milano, il settore è quasi triplicato in 4 anni. Quanto alle diverse possibilità di applicazione, la gran parte (2,3 miliardi di euro, il 60%) è stata dedicata a progetti di connettività e acquisizione dati (Industrial IoT) e poi suddivisa tra Analytics (630 milioni), Cloud Manufacturing (325 milioni), Advanced Automation (190 milioni), Additive Manufacturing (85 milioni) e tecnologie di interfaccia uomo-macchina avanzate (55 milioni). Si aggiungono le attività di consulenza e formazione per progetti Industria 4.0: circa 255 milioni di euro, +17% rispetto al 2018 Nel 2019 un incremento delle soluzioni: solo l’1% resta deluso Nel 2019 si sono incrementate le applicazioni 4.0 nelle imprese italiane: il 40% ha investito più del 2018 e in media oggi se ne contano 4,5 per azienda, con una forte accelerazione in particolare di soluzioni Cloud e Analytics per la Supply Chain, oltre che IoT per le fabbriche, mentre si affacciano le prime applicazioni di Artificial Intelligence (il 7% ne ha già implementato qualcuna). Anche se spesso il ritorno d’investimento non è immediato, solo l’1% delle imprese è deluso dalle soluzioni 4.0. A dimostrazione di reattività imprenditoriale, a seguito dell’emergenza oggi quasi un terzo delle aziende sta riconvertendo la sua produzione o sta valutando di farlo (rispettivamente il 12% e 19%) e per il 25% di queste sono state fondamentali tecnologie 4.0 come l’IoT e Cloud.
IL GOVERNO CONTE BIS E IL PIANO IMPRESA 4.0
Il governo Conte Bis, nato il 5 settembre 2019 e formato da Movimento 5 Stelle e PD, ha deciso di rilanciare il piano Impresa 4.0. Il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, ha annunciato a settembre 2019 incentivi a impresa 4.0 spalmati su 3 anni per dare continuità al piano di sviluppo per l’industria in ottica innovativa. “Il capitolo industria sarà al centro della nuova legge di bilancio perché è al centro del sistema Paese, essendo la sua spina dorsale” ha detto il ministro. “La programmazione – ha aggiunto – sarà all’insegna dell’ascolto e del confronto con i cosiddetti corpi intermedi, associazioni di categoria e sindacati in primis”. Patuanelli ha poi sottolineato: “In legge di bilancio confermeremo tutti gli strumenti che hanno spinto l’economia reale incontrando il favore delle imprese; li renderemo strutturali o comunque con un periodo minimo di tre anni”.
Nella Nadef (Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza 2018), che traccia le linee programmatiche del governo giallo-rosso, l’esecutivo ha confermato la volontà di sostenere il piano Impresa 4.0. Maggiori dettagli sono contenuti nel Documento Programmatico di Bilancio 2020. Al suo interno si trovano fondamentalmente due ordini di politiche: una a sostegno degli investimenti materiali, una a sostegno delle competenze.
Riguardo la prima sono previsti le seguenti misure:
Nuovi indefiniti investimenti per il Piano ‘Impresa 4.0’, le Strategie nazionali sulla tecnologia Blockchain e sull’ Intelligenza Artificiale e la sperimentazione del 5G ;
e sull’ e la sperimentazione del ; Erogazione del voucher per le PMI per le prestazioni di consulenza finalizzate a implementare i processi di trasformazione tecnologica e digitale nell’ambito del Piano nazionale ‘Impresa 4.0’.
per le PMI per le prestazioni di consulenza finalizzate a implementare i processi di trasformazione tecnologica e digitale nell’ambito del Piano nazionale ‘Impresa 4.0’. Estensione dell’iperammortamento fino al 2022 con una supervalutazione del 170% degli investimenti in beni nuovi strumentali ad alto tasso tecnologico e del Superammortamento, con una valutazione del 130% degli investimenti nei beni strumentali generici;
con una supervalutazione del 170% degli investimenti in beni nuovi strumentali ad alto tasso tecnologico e del Superammortamento, con una valutazione del 130% degli investimenti nei beni strumentali generici; Possibilità di usufruire di una supervalutazione del 140% per gli investimenti in beni strumentali immateriali (software e sistemi IT).
Per quanto riguarda le competenze 4.0, è stata prevista una proroga del credito di imposta per la formazione digitale nell’ambito del Piano Impresa 4.0.
Questo impianto è stato riconfermato nella bozza della Legge di Bilancio attualmente circolante con l’unica differenza della restrizione temporale che vede la proroga non più su base triennale, ma su base annuale come richiesto – a quanto pare – dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Le misure aggiuntive del testo programmatico riguardano gli investimenti green, anche di entità modesta, la Nuova Sabatini, con credito d’imposta maggiorato per il Sud, e un non meglio definito piano per la promozione del Made in Italy.
Impresa 4.0: si amplia l’accesso al bonus formazione
Il 1 ottobre 2019 è emersa una novità per il piano Impresa 4.0 nella nota di aggiornamento al Def. Il governo ha deciso di potenziare il programma allargando il perimetro delle spese ammissibili per accedere al bonus formazione 4.0.
La manovra 2019 prevede un credito d’imposta del 40% delle spese relative al personale dipendente impegnato nelle attività di formazione ammissibili, limitatamente al costo aziendale riferito alle ore o alle giornate di formazione, sostenute nel periodo d’imposta agevolabile e nel limite massimo di 300.000 euro per ciascun beneficiario, pattuite attraverso contratti collettivi aziendali o territoriali. Focus sull’aggiornamento del personale sul fronte big data, cloud, e cybersecurity.
Sono ammissibili al credito d’imposta anche le eventuali spese relative al personale dipendente ordinariamente occupato in uno degli ambiti aziendali individuati nell’allegato A della legge n. 205 del 2017 e che partecipi in veste di docente o tutor alle attività di formazione ammissibili, nel limite del 30% della retribuzione
“Il piano – si legge nel NaDef – verrà rafforzato attraverso una revisione organica delle spese esistenti, per favorire la più ampia partecipazione delle Pmi, delle filiere produttive e stimolare l’attrazione di grandi investimenti strategici”.
IL RILANCIO IN PANDEMIA: IL PREMIER CONTE ANNUNCIA IMPRESA 4.0 PLUS
A fine febbraio 2020 l’Italia è stata colpita dalla pandemia da coronavirus. Il lockdown che ne è seguito – la chiusura totale delle attività dal 10 marzo al 13 aprile – ha avuto un forte impatto sull’economia nazionale. Si è creata dunque la necessità di introdurre una serie di misure per il sostegno economico ai singoli e alle imprese. In questo contesto il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, a capo del governo Conte bis, ha annunciato una nuova versione del piano Impresa 4.0, si chiamerà Impresa 4.0 plus.
L’annuncio è avvenuto nell’ambito degli Stati Generali dell’economia, un vertice di dieci giorni voluto dal premier Conte a giugno 2020 a Villa Doria Phampilj a Roma. “Vareremo una nuova versione di Impresa 4.0, si chiamerà Impresa 4.0 plus – ha preannunciato il presidente del Consiglio incontrando i giornalisti in vista dell’apertura del vertice –e avrà incentivi consistenti per una spinta ulteriore alla digitalizzazione delle imprese, per quelle che investono in robotica e adottano anche l’intelligenza artificiale”.
Industria 4.0 Plus andrà dunque a completare il puzzle della politica industriale del governo nella quale gioca un ruolo centrale il Piano Transizione 4.0 voluto dal ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli. Si punta a far salire il tetto di spesa ammissibile per ottenere il bonus – che sostituisce iper e superammortamento – da 3 a 5 milioni di euro.
Con il Piano saranno mobilitati 7 miliardi di euro di risorse per le imprese che maggiormente punteranno sull’innovazione, gli investimenti green, in ricerca e sviluppo, in attività di design e innovazione estetica, sulla formazione 4.0.
Piano Impresa 4.0 Plus: la strategia
Il nuovo piano “Impresa plus” punta a innalzare le aliquote del credito di imposta rendendolo cedibile in banca e a estendere gli incentivi per 3 anni. Al momento, secondo quanto scrive il Sole24 Ore, il capitolo “Impresa 4.0 Plus” (o “Impresa 5.0”) dovrebbe puntare a rendere cedibili in banca i crediti di imposta maturati dalle imprese, replicando il meccanismo introdotto per l’ecobonus in edilizia. In particolare cambierebbe la struttura del credito di imposta destinato agli investimenti per ricerca, sviluppo e innovazione che non convinceva diverse imprese (peraltro si attende ancora il decreto attuativo in Gazzetta Ufficiale). Con Impresa 4.0 Plus l’aliquota per gli investimenti relativi all’attività di “ricerca fondamentale, industriale e di sviluppo sperimentale” dovrebbe passare dal 12 al 20%, con contestuale innalzamento del tetto di spesa a ammissibile da 3 a 5 milioni. Contemporaneamente si interverrebbe anche sulla categoria degli investimenti in “innovazione” ed in particolare sulla sottovoce delle attività mirate a processi di transizione ecologica e digitalizzazione negli ambiti tecnologici 4.0: il credito d’imposta del 10% potrebbe salire al 15% con innalzamento del limite massimo di spesa da 1,5 a 2 milioni.
Per gli investimenti in macchinari e strumentazioni – diversi dal bonus per i progetti di ricerca e innovazione – il Mise non sembra intenzionato a cogliere il suggerimento, contenuto nel rapporto della task force guidata da Vittorio Colao, di reintrodurre la vecchia formula del piano Industria 4.0 basata sull’iperammortamento fiscale per i beni legati alla digitalizzazione e sul superammortamento per i beni strumentali tradizionali. Il Mise intenderebbe confermare il riassetto che era stato introdotto con l’ultima legge di bilancio, con un credito di imposta ad aliquote differenziate in luogo dei due precedenti incentivi fiscali. Secondo il ministero guidato da Stefano Patuanelli, scrive Carmine Fotina sul Sole24 Ore, l’impostazione del vecchio piano aveva avvantaggiato in modo prevalente le medie e grandi imprese (64% degli investimenti con iperammortamento) lasciando indietro quelle di minori dimensioni. Il credito di imposta viene poi considerato più efficace in una fase economica in cui il numero di imprese in utile è destinato a calare drasticamente. In questa categoria di agevolazioni, però, le novità sarebbero minime. Si intende incrementare dal 15 al 20% il beneficio per l’acquisto di beni immateriali collegati all’industria 4.0, i software, mentre si ritiene già abbastanza elevato il 40% massimo (fino a 2,5 milioni di investimento) che attualmente si applica sulle spese per i beni materiali 4.0.
Intanto il 15 giugno 2020 è arrivato il fischio d’inizio per richiedere il “Voucher 3I –Investire In Innovazione”, la misura agevolativa prevista nel Decreto Crescita dedicata alle startup innovative. Con 19,5 milioni di euro per il triennio 2019-2021, gestiti da Invitalia, il governo punta a sostenere la competitività delle startup finanziando la tutela, in Italia e all’estero, dei processi di innovazione tramite il brevetto per invenzione industriale
Un Decreto Direttoriale ha reso pienamente operativa la misura che mira a sostenere la capacità innovativa e competitiva delle startup finanziando i servizi di consulenza necessari per valorizzare e tutelare in Italia e all’estero i propri processi di innovazione tramite il brevetto per invenzione industriale.
Aumentato l’importo della nuova Sabatini?
Il 29 giugno 2020 è stata diffusa una bozza del Dl Semplificazioni, provvedimento voluto dal governo che verte principalmente su tre temi base: semplificazioni in materia di contratti pubblici ed edilizia; semplificazioni procedimentali e responsabilità; misure di semplificazione digitale e per il sostegno e la diffusione dell’amministrazione digitale. In questo contesto sono emerse novità riguardo alla nuova legge Sabatini. “È aumentato l’importo di erogazione in unica soluzione delle agevolazioni nuova Sabatini”, è scritto nella bozza. Si tratta, lo ricordiamo, dell’agevolazione pubblica erogata dal ministero dello Sviluppo economico per semplificare l’accesso al credito delle imprese, finanziandone gli investimenti per acquisto o leasing di macchinari, attrezzature, impianti, beni strumentali ad uso produttivo, hardware, software e tecnologie digitali. “È poi previsto – si legge ancora – un decreto ministeriale di semplificazione per le misure della Sabatini Sud”. Naturalmente queste sono solo anticipazioni di un provvedimento che deve ancora percorrere l’intero iter.
Industria 4.0 e governo Draghi
Nel discorso di replica alla Camera prima del voto di fiducia al nuovo governo a febbraio 2021, il presidente del Consiglio Mario Draghi ha detto: “Bisogna estendere e rendere facilmente fruibile il piano nazionale della Transizione 4.0 per accompagnare le imprese nel processo di innovazione tecnologica e di sostenibilità ambientale”.
Accesso al capitale, internazionalizzazione, investimenti per rafforzare la manifattura e renderla competitiva, potenziamento del credito di imposta, ricerca e sviluppo nel Mezzogiorno sono i principali ingredienti della ricetta Draghi.
INDUSTRIA 4.0, le conseguenze della pandemia
La pandemia da coronavirus avrà un forte impatto anche nel mercato dell’Industria 4.0. Lo rileva un report dell’Osservatorio Industria 4.0 della School of Management del Politecnico di Milano. Per il 2020 – si legge nel report – originariamente si prevedeva una crescita in linea con il trend 2019, con un incremento compreso tra il 20 e il 25%, ma per effetto della pandemia si prospetta uno scenario di grande incertezza. Le previsioni – legate all’effettivo superamento dell’emergenza, alla ripartenza della domanda e ai possibili stimoli agli investimenti – variano da uno scenario ottimistico di chiusura dell’anno quasi in linea con il budget iniziale a uno pessimistico di contrazione del fatturato 4.0 nell’ordine del 5-10%. Nel medio-lungo termine, in ogni caso, il sentiment verso l’industria 4.0 rimane positivo, rafforzato dalla considerazione che l’emergenza abbia accelerato la trasformazione digitale.
Un’impresa su 4 posporrà gli investimenti pianificati, il 31% chiede di rilanciare super e iper ammortamento
Nei prossimi mesi del 2020 gli investimenti si preannunciano ridotti: il 26,5% delle aziende posporrà almeno metà di quelli originariamente pianificati, circa un quarto si concentrerà su Industrial-IoT, Analytics e Advanced HMI. Nell’incertezza, le imprese auspicano incentivi per non fermare la “scalata digitale”, in particolare una riduzione delle imposte sui prossimi esercizi contabili (33%) e una diminuzione del costo del lavoro per operatori di fabbrica (per il 30%). Ma un terzo (31%) chiede anche di rilanciare il Super e Iper ammortamento per beni strumentali, di gran lunga più desiderato rispetto al credito d’imposta per ricerca e sviluppo (17%), agli incentivi per beni immateriali (18%) o a quelli per assunzione e formazione (8% e 11%).
Industria 4.0 fondamentale in pandemia: lo studio McKinsey
Uno studio di McKinsey diffuso a febbraio 2021, dal titolo “COVID-19: An inflection point for Industry 4.0”, evidenzia come l’approccio alla digitalizzazione delle organizzazioni abbia influenzato la loro risposta alla pandemia. Dal report sono emersi tre principali risultati: le aziende che avevano già portato su scala le tecnologie digitali sono uscite più forti dalla crisi; quelle che stavano ancora implementando tali soluzioni hanno avuto modo di metterle alla prova nella realtà; mentre per quelle che non avevano iniziato ad adottare le tecnologie per l’Industry 4.0, la crisi è stata un campanello d’allarme.
Il 94% degli intervistati ha affermato che l’Industry 4.0, e le tecnologie ad essa collegate, sono state fondamentali per garantire il funzionamento di tutte le attività durante la crisi; il 56% ha affermato che queste tecnologie sono state essenziali per rispondere alla crisi.
Ad eccezione della Cina, più di un terzo degli intervistati dice che le proprie attività hanno ripreso completamente dopo l’impatto della pandemia, quasi un terzo si aspetta che il recupero richieda un anno o più, citando ostacoli come la mancanza di fondi, di personale e di competenze e conoscenze.
I precursori sono stati più resilienti. Le aziende che avevano portato su scala casi d’uso in ambito Industry 4.0 prima del COVID-19 si sono trovate meglio posizionate per rispondere alla crisi. Il successo di tali applicazioni ha promosso ulteriormente le tecnologie dell’Industry 4.0, ponendo fine a un blocco durato due anni.
Circa il 65% degli intervistati ha dichiarato di essere più ottimista sulle prospettive delle tecnologie digitali rispetto a un anno fa.
Affrontare la realtà. Il numero di persone che ha detto di aver portato su scala con successo alcuni o molti casi d’uso dell’Industry 4.0 è sceso di oltre il 40%, al di sotto del livello registrato nel 2017.
Un campanello d’allarme. Il 56% degli intervistati a livello globale che non avevano implementato tecnologie Industry 4.0 prima di COVID-19 si sono trovati limitati nella loro capacità di reazione. Non solo hanno incontrato difficoltà durante la pandemia, ma anche l’assenza di esperienza passata, il ritardo dello stack tecnologico IT/OT sottostante e i vincoli di cassa determinati dal COVID-19 stanno rendendo difficile la ripresa.
Industria 4.0 e automotive
Anche nell’automotive l’Industry 4.0 e la Digitalizzazione sono un binomio vincente. In particolare, sostiene MotorK, scaleup italiana che si occupa di digitalizzazione dei processi di vendita nell’automotive, l’Industria 4.0 può essere applicata al mondo delle concessionarie auto. Per i dealer alcuni dei punti di contatto sono l’eccellenza nella gestione di dati e di informazioni, la capacità collaborativa dell’organizzazione commerciale, e l’innovazione del ciclo di vita del prodotto e nella gestione del cliente come booster per l’incontro tra domanda e offerta.
Esempi di Industria 4.0
Prysmian
Il Gruppo Prysmian, azienda italiana con sede a Milano specializzata nella produzione di cavi per applicazioni nel settore dell’energia e delle telecomunicazioni, e di fibre ottiche, sta attuando una serie di azioni per sostenere l’innovazione a livello globale, con l’obiettivo di mantenere un ruolo da protagonista nella catena del valore a sostegno dei processi di transizione energetica, di digitalizzazione e di sostenibilità. Grazie alla collaborazione tra i vari componenti del gruppo, che comprende i dipartimenti di Operations, Quality e Digital Innovation, è stato lanciato il “Manufacturing Digital Journey”. Questo progetto coinvolge tutto il Gruppo, con i suoi 106 stabilimenti localizzati in ogni parte del mondo, e ha come obiettivo la definizione della strategia globale di digitalizzazione applicata al sistema produttivo. Questa strategia che verrà formalizzata in un “journey” è finalizzata a ottenere maggiore efficienza, migliore qualità della produzione, incrementare la soddisfazione dei clienti, massimizzare la sicurezza, sempre in una logica generale di sostenibilità. Prysmian Group è stato premiato a Smau 2021 proprio per l’ambito Industria4.0.
INDUSTRIA 4.0, COME LA AFFRONTANO EUROPA E STATI UNITI
La Germania è considerata precursore e principale implementatore dell’Industria 4.0 in Europa, seguita dalla Francia che si è attrezzata con una serie di misure per incentivare le aziende ad allinearsi alla quarta rivoluzione industriale. La Gran Bretagna sembra ancora qualche passo indietro su questi temi. Dall’altra parte dell’oceano, negli Stati Uniti, l’approccio al fenomeno ha forme diverse da quelle europee ma analoghi obiettivi: incentivare una nuova fase della digitalizzazione nelle industrie che dovrebbe portare a un aumento della produttività e a una riduzione dei costi.
(Articolo aggiornato al 22/10/2021)
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