La competitività tecnologica dell’Italia a livello globale: una sfida ancora aperta
A partire dalla seconda metà degli anni Ottanta, il commercio mondiale di prodotti high-tech ha iniziato a crescere a ritmi significativamente superiori a quelli relativi al complesso dei beni manifatturieri, accelerando in seguito negli anni Novanta e ancor di più dopo il 2000 con l’entrata nel WTO della Cina, sull’onda di un più vasto processo di globalizzazione produttiva che ha accompagnato la diffusione delle nuove tecnologie (ENEA, 1993 e 2007). Gli scambi commerciali di prodotti high-tech aumentano ininterrottamente fino a prima degli inizi della crisi economica del 2007-2008, arrivando al loro apice nel 2006 a coprire quasi un terzo dell’intero commercio manifatturiero. Ma anche a fronte della forte contrazione registrata per l’insieme del commercio internazionale con l’arrivo della recessione globale, le produzioni high-tech non smettono di essere trainanti. Superato il primo impatto con la crisi, il commercio high-tech riacquista nuovamente slancio registrando tassi di crescita più elevati di quelli del manifatturiero e, a partire dal 2014, anche del commercio totale.
2000-2002 2003-2005 2006-2008 2009-2011 2012-2014 2015-2016 Aerospazio 11,8% 10,0% 11,9% 10,2% 11,4% 12,9% Automazione industriale 1,9% 1,8% 2,1% 1,9% 2,2% 1,9% Chimica 5,5% 5,8% 7,0% 8,6% 8,9% 8,9% Componenti elettronici 22,8% 22,2% 15,0% 10,2% 9,5% 10,1% Elettromedicali 1,8% 2,1% 2,5% 3,2% 3,1% 3,2% Energia termomeccanica ed elettrica 4,6% 5,5% 6,5% 6,9% 6,8% 6,4% Farmaceutica 4,0% 4,6% 5,9% 8,8% 8,8% 9,7% Macchine per ufficio 16,0% 14,5% 14,1% 15,0% 14,8% 13,3% Materiali 1,7% 1,6% 2,3% 2,7% 2,2% 2,1% Strumenti di precisione e di controllo 4,5% 4,4% 5,1% 5,8% 6,1% 6,1% Strumenti e materiale ottico 2,3% 3,2% 4,5% 5,6% 5,5% 4,7% Telecomunicazioni ed elettronica di consumo 23,2% 24,3% 23,1% 21,1% 20,8% 20,6% Totale High-tech 100% 100% 100% 100% 100% 100%
Tab. 1 Composizione settoriale dell'export nei prodotti high-tech a livello mondiale, anni 2000-2016
Fonte: elaborazione ENEA - Osservatorio sull’Italia nella Competizione Tecnologica Internazionale su dati OECD-ITCS Database
Lo scenario che va dalla fase di massima espansione del commercio mondiale di prodotti high-tech agli anni della crisi, rispecchia inoltre rilevanti mutamenti che hanno interessato sia la consistenza che la composizione merceologica degli scambi. Di forte spicco è la sensibile contrazione del peso del comparto high-tech sul commercio mondiale di manufatti, che si attesta su valori di poco superiori al 20%, del tutto comparabili con quelli registrati poco prima degli anni Novanta quando il processo di globalizzazione era ancora agli inizi. Ma a questo risultato hanno contribuito fattori di natura diversa, solo parzialmente ascrivibili agli esiti della crisi e al maggiore impatto che essa ha avuto sulle economie più avanzate e dunque sulla domanda di beni a più elevato contenuto tecnologico. In particolare, occorre rilevare come la flessione più consistente degli scambi si sia verificata per i prodotti dell’elettronica e dell’informatica, la cui quota sul commercio totale di prodotti high-tech passa tra il 2006 e il 2007 dal 61 al 49%, confermando la peculiare volatilità di questo comparto rispetto alle dinamiche del ciclo economico (Oecd 2009, European Commission 2013).
Non meno rilevanti sono, peraltro, gli effetti sul commercio high-tech delle profonde trasformazioni intervenute nella struttura della globalizzazione produttiva. Nei paesi emergenti l’avanzare del processo di industrializzazione ha infatti comportato, da un lato, una significativa spinta al rialzo sui salari interni che ha indotto molti investitori esteri a rilocalizzare (reshoring) parte dell’attività produttiva nei paesi d’origine, dall’altro, un incentivo a rafforzare su base nazionale un’autonoma capacità di innovazione (IRI 2017), che consentisse di guadagnare nuovi spazi di competitività sul terreno della produzione di beni ad alta intensità tecnologica.
Il ridimensionamento degli scambi commerciali high-tech, sul quale anche queste dinamiche hanno chiaramente inciso (Unctad 2016), è diventato dunque l’espressione di un nuovo e più complesso contesto della divisione internazionale del lavoro in cui l’importanza di acquisire vantaggi sul fronte delle tecnologie avanzate si è persino accresciuta; ed è con questo mutato ordine internazionale che oggi debbono confrontarsi tutte quelle aree che hanno subito maggiori contraccolpi dalla crisi economica, come è nel caso dell’Europa. Ciò assume particolare rilievo per le prospettive di crescita dell’Italia, che si sono fatte sempre più incerte anche rispetto allo stesso contesto europeo; mentre come sarà chiaro più avanti, la sua tenuta competitiva sui mercati mondiali dell’alta tecnologia mostra tuttora non poche fragilità.
La competitività tecnologica dell’Italia nel contesto internazionale ed europeo
L’analisi delle quote di mercato sulle esportazioni mondiali di prodotti high-tech, rilevate nel periodo che intercorre tra la fase matura della globalizzazione a inizio anni Duemila e gli anni della crisi economica, mette in luce da un lato un’avanzata significativa della Cina e un generale consolidamento della posizione dell’area asiatica (che copre quasi metà del commercio del comparto), dall’altro un forte arretramento degli Stati Uniti, con una quota che nel 2016 arriva a dimezzarsi, attestandosi su valori di poco inferiori al 10%.
L’Europa, che copre un terzo delle esportazioni di high-tech, si distingue invece per un ampliamento della distanza tra le quote di mercato relative a Germania, Francia e Regno Unito, tra i primi 10 esportatori mondiali con quasi il 20% di quota complessiva, e i restanti paesi, solo in parte presenti nella seconda metà della graduatoria dei primi venti esportatori mondiali. L’Italia si colloca tra questi ultimi, con una quota di mercato che varia intorno al 2% del totale mondiale di esportazioni high-tech, e comunque in coda a paesi di piccola dimensione del Nord Europa, quali i Paesi Bassi e il Belgio (con quote pari nel 2016 al 2,6% e a poco più del 2%, rispettivamente), mostrando prestazioni assai inferiori a quelle riportate nel complesso del comparto manifatturiero (3,6% delle esportazioni mondiali nel 2016).
In effetti, è proprio da un confronto con il commercio manifatturiero che la debolezza competitiva del nostro sistema produttivo nell’alta tecnologia si delinea più chiaramente. La quota delle esportazioni high-tech sul totale delle esportazioni manifatturiere dell’Italia oscilla infatti intorno all’11%, distaccandosi sensibilmente dai valori registrati da Francia, Germania e Regno Unito (compresi tra il 20 e il 30%) e dalla media dell’UE28 (18% nel 2016), mentre netta è la quasi sovrapposizione con i valori osservati per la Spagna. Considerata la generale tendenza alla crescita della domanda di nuove tecnologie e beni ad alta intensità di conoscenza, il dato risulta ancora più critico se confrontato con l’incidenza delle importazioni di prodotti high-tech sul totale delle importazioni manifatturiere, che registra valori compresi tra il 17 e il 20%, in linea con quelli dei maggiori paesi europei e con la media dell’UE28 (20%).
Tale fragilità trova inoltre ulteriore riscontro nell’andamento del saldo degli scambi commerciali di prodotti high-tech, che risulta costantemente in deficit. Francia e Germania, al contrario, hanno conservato nel comparto un solido avanzo commerciale, in continuità con le positive prestazioni registrate fin dagli anni Novanta (Enea, 1999, 2004, 2007). Un caso a sé stante è invece rappresentato dal Regno Unito che, nel quadro del netto ridimensionamento che ha riguardato il suo settore industriale (Ciriaci e Palma, 2016), ha riportato crescenti disavanzi commerciali in tutto il manifatturiero.
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