Le parole che fanno l’innovazione
Talk
Alberto Paccanelli, vicepresidente di Confidustria Bergamo con delega all’Innovazione
Molti imprenditori sottolineano di aver bisogno di una “alfabetizzazione” continua sui termini e sulle parole legate alla trasformazione digitale. Secondo lei è una richiesta ancora giustificata?
«La richiesta è certamente giustificata: occorre infatti collegare le potenzialità tecnologiche sempre nuove con i propri processi aziendali: l’”alfabetizzazione” deve essere prima di tutto concentrata sulle potenzialità delle tecnologie di impattare sul business e sulla specifica catena del valore e della produzione di ogni imprese. Come ha infatti recentemente sostenuto a Cernobbio 2018 l’economista Veronica de Romanis, l’investimento in macchinari e tecnologie avanzate non genera automaticamente una maggiore produttività: l’innovazione tecnologica dev’essere supportata da un’innovazione di processo e di management. Non solo: implementare nuove tecnologie senza aver ottimizzato i processi, rischia di “efficientare lo spreco”. Si parla di “impresa innovativa” se mette in campo azioni specifiche per monitorare l’evoluzione dei processi aziendali e strutturare un sistema di miglioramento continuo in coerenza con i progetti di trasformazione digitale intrapresi».
Su questa strada che cosa sta avvenendo a Bergamo?
«Per garantire lo sviluppo dell’impresa innovativa, Confindustria Bergamo sta investendo in particolare sul Premio IxI – Imprese x Innovazione , recentemente rilanciato. Il premio è la fase finale di un processo di valutazione della capacità innovativa dell’impresa. Quest’anno ben 8 imprese bergamasche hanno dato la loro manifestazione di interesse ed è interessante notare come siano di tutti i settori merceologici, dal farmaceutico alla meccatronica, dall’edilizia al tessile, testimonianza di una trasversalità della domanda di innovazione».
Gli imprenditori quale livello di consapevolezza hanno sulla potenzialità e opportunità di business del paradigma Industria 4.0?
«Le più recenti ricerche e classifiche sull’innovazione a scala europea uscite tra luglio e agosto 2018 ci danno un quadro generale dell’ecosistema innovazione italiano contrastante: si migliora gradatamente senza eccellere. Se da una parte si segnalano passi in avanti significativi nel grado di digitalizzazione complessivo, in particolare grazie al contributo dato dalle imprese con il piano Industria 4.0 e nell’integrare innovazione, ricerca e prospettiva sui mercati internazionali, dall’altra destano preoccupazione i numeri molto bassi di imprese ad alta e altissima densità di innovazione, che rappresentano stabilmente poco più del 10% del totale».
Gli investimenti digitali in macchine e sistemi spinti dagli incentivi del Piano Calenda hanno avuto un alto riscontro. Secondo lei vengono implementati nel modo corretto?
«L’impresa digitale è l’azienda che investe in tecnologie digitali e produttive avanzate. Secondo il Mise al centro Nord circa il 10% delle imprese ha implementato almeno 1 tecnologia digitale connessa al Piano Industria 4.0 e un ulteriore 11% dichiara di avere nei prossimi mesi almeno un intervento programmato.
È però ancora troppo poco: da recenti studi Met realizzati in collaborazione con il Mise risulta che le aziende che stanno perseguendo una strategia di digitalizzazione sono anche quelle più dinamiche dal punto di vista delle innovazioni di prodotto, processo e organizzazione».
Quali sono le difficoltà che sente sollevare più spesso sul percorso dell’Industria 4.0?
«Come sento spesso ripetere dai miei colleghi imprenditori: “È sempre una questione di persone, non di tecnologie”. Risulta sempre più chiaro che la formazione delle risorse umane e la comprensione dei processi vengono percepite come leve decisive per la trasformazione complessiva delle imprese, in ottica di digitalizzazione e di innovazione. Un ruolo decisivo viene inoltre attribuito alla creazione di “business case” pertinenti e solidi e alla raccolta di finanziamenti anche in ottica di filiera. Le aree aziendali che gli imprenditori ritengono più coinvolte dalla trasformazione digitale sono quelle relative alla produzione/ricerca e sviluppo, al data management e al customer service.
È inoltre fondamentale comprendere il livello di maturità delle tecnologie disponibili sul mercato; il ciclo di innovazione nel 2018 vede entrare in una fase di approdo al mercato, tra le altre, la realtà aumentata, la domotica, la guida autonoma livello 4, la Blockchain e le piattaforme IoT.
Sono invece in una fase di lancio e scoperta il 5G, l’Intelligenza Artificiale, il Biotech, la Blockchain applicata alla cybersecurity, i robot autonomi e gli smart workspace. È su queste nuove tecnologie che ci concentriamo oggi nel nostro compito di supporto all’innovazione delle imprese del territorio».
Spesso finiscono sul banco degli imputati gli imprenditori. Ma qualche limite lo presentano anche i manager e dirigenti delle imprese. Secondo lei anche questi profili oggi hanno bisogno di un salto culturale in chiave 4.0?
«Obiettivo di Confindustria Bergamo è di sensibilizzare e accompagnare tutte le imprese, a partire dalla Pmi, e tutte le figure aziendali a partire dai manager e dirigenti, sulle opportunità legate alla digitalizzazione. È per questo che abbiamo sostenuto la creazione del Dih, il Digital Innovation Hub Bergamo come antenna locale del Dih Lombardia. Il Dih realizza assessment sul livello di “prontezza” alla digitalizzazione delle imprese e propone una prima roadmap in funzione delle priorità del settore e delle strategie. Non solo, è in fase di avvio un’intensa campagna di sensibilizzazione, che parta dalla valorizzazione dei casi di successo, volta a mostrare alle imprese nuovi modelli produttivi e di business abilitati dalle tecnologie. Tutto questo mira ad aiutare le nostre imprese al salto culturale dei propri manager e dirigenti, che devono essere pronti per implementare nuovi ruoli e modelli organizzativi coerenti con le trasformazioni che dovranno guidare nei prossimi anni. La strategia di Confindustria Bergamo sull’innovazione ragiona infatti in logica di ecosistema (istituzioni, università, centri di ricerca, imprese), posizionandosi come piattaforma abilitante lo sviluppo integrato delle aziende associate, sulle direttrici dell’innovazione, ricerca e prospettiva sui mercati internazionali».
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